PROLOGO: Nome, Alaska
“Vediamo un po’ se ho capito
bene,” disse Angela Cleaver, fondatrice e Presidente della Justice Inc. “Questo…essere
ti ha attirato qui con un pretesto, e ti ha rubato il dispositivo portatile di
interfaccia[i].”
‘Qui’ era in un locale
scalcinato, un posto che un topo avrebbe preso a propria dimora solo se fosse
stato abbastanza disperato.
I protagonisti di quel
colloquio erano la donna, il Giustiziere dal nome in codice di Blank, e, intento ad annusare ogni
angolo di quel posto, il lupo mannaro Sabre.
Blank annuì, lieto che il
campo di vuoto, che trasformava il suo corpo in una silhouette bianca,
nascondesse sia il suo volto che il suo odore, o sarebbero stati Guai.
Sabre si alzò in piedi. Si
strofinò le mani callose -quasi quasi, non gli sarebbe dispiaciuto di avere un
costume dove sbatterle un po’, invece di andare in giro au nature. “Di sicuro questo posto non ha visto traccia di
arredamento nuovo o di ospiti da un bel pezzo.” Guardò Blank con sospetto.
“Sicuro di non essere già stato ubriaco, al momento?”
“Potrei citarti almeno una
dozzina di modi per camuffare un Bar
Senza Nome,” disse Angela. “Sembrano trovarsi sempre al posto giusto, al
momento giusto. Peggio dei McDonalds.” Sospirò. “Per fortuna, avevo già chiesto
a Garolfo di predisporre una copia di tutte le armi ed i dispositivi speciali
dei Giustizieri.” Inaspettatamente, sorrise. “Questo ‘Shades’ è stato
abbastanza furbo da mettere fuori gioco il dispositivo di localizzazione,
glielo concedo. Ma dovrà usarla, quella cintura: e allora sarà il ‘ponte’ fra
di essa ed il generatore principale a condurci a lui. E gli faremo capire che
con la Justice Inc. non si scherza.”
Blank era davvero contento che quel lupaccio non potesse annusarlo! Chissà se
non era abbastanza presto per una bella pensione anticipata? In fondo,
maledizione, lui voleva solo fare qualche extra lavorando anche per questa ‘Villains
LTD’, mica conquistare il mondo…
Che cosa avrebbe fatto, se i
nodi fossero venuti al pettine?
MARVELIT presenta
Episodio 16 - Non c’è Bisogno di Guardare Lontano…
Martha Soben ne aveva visti di
bambini nervosi al primo giorno di scuola. E spesso e volentieri erano
accompagnati da genitori a volte non meno apprensivi, anche se questi ultimi
facevano il possibile per mostrarsi tranquilli all’idea di lasciare il loro
bambino nelle mani di un branco di estranei.
Non le capitava spesso,
invece, di vedere un bambino perfettamente tranquillo e fiducioso insieme ad un
padre che sembrava pronto a uccidere con il solo sguardo…e forse era proprio
così…
Martha finì di esaminare le
carte che aveva sulla scrivania. “Signor Markley,
posso assicurarle che suo figlio Sean
si troverà perfettamente a suo agio nella Nome Elementary. Considerato
che il suo curriculum scolastico non si discosta da quello di uno studente
medio, non vedo alcun problema di inserimento.”
Robert Markley annuì. I suoi
occhi continuavano ad avere quell’espressione del puro combattente. Non un
padre violento, solo estremamente protettivo. Martha poteva capirlo: quell’uomo
era vedovo, e Sean era tutta la sua famiglia. Un padre esemplare, secondo gli
incartamenti, senza alcun precedente di maltrattamento o di altri reati.
Ed era anche un mutante.
“Vedo che lei ha indicato di
essere un…libero professionista, Mr. Markley, con orari alquanto flessibili.”
L’uomo annuì. A parte l’elmo,
indossava la sua ‘uniforme da lavoro’, cioè il costume blu e oro di Fusione.
“La mia è un’attività molto remunerativa, ma che chiede molto del mio tempo.
Per questo ho scelto questo istituto, nel caso fossi costretto…”
“Nessun problema. Nome, come
sa, è stata molto a lungo una città di frontiera, dove spesso entrambi i
genitori dovevano affidare i figli a qualche amico o parente mentre erano via
per lavoro. La scuola accudirà ad ogni bisogno di Sean, il quale,” e qui Martha
fece un largo sorriso a Sean, che rispose nello stesso modo, “mi sembra un
ometto capace di badare a sé stesso per un po’, giusto?”
Robert sperò che in quella
frase restasse meramente retorica. L’uomo si schiarì la gola. “Le persone che
ho indicato nella lista, nel caso qualcun altro debba venire a prendere Sean da
scuola, sono miei colleghi. Tranne Madame
Zsa, che è stata la tata di Sean. Sarà lei a passare più frequentemente, la
consideri pure la mia referente ufficiale.”
Martha
annotò qualcosa su un blocco. Finalmente depose la penna sulla scrivania, si
tolse gli occhiali e si alzò in piedi. “Bene. Da questo momento, può andare al
lavoro in tutta tranquillità, Mr. Markley: se avremo bisogno, la contatteremo.”
L’uomo
strinse la mano che gli venne offerta. “Signora, Sean è ancora troppo giovane
per manifestare poteri mutanti…nel caso li avesse…”
“So
che la vostra struttura dispone dei mezzi adatti, nel caso,” lo interruppe la
donna. “Quello che importa è che suo figlio non venga isolato dai suoi
coetanei. E a Nome diamo una certa importanza all’integrazione.”
Uscendo dall’edificio
scolastico, Fusione trovò ad aspettarlo una donna in armatura leggera, dai
capelli biondi accuratamente acconciati in un caschetto dalla frangia ampia.
“Ti ho visto meno nervoso
quando siamo stati in pericolo di vita,” disse Janice Olivia Yanizeski,
Joystick. “Cos’è, non gli daranno la pappa col pomodoro, alla mensa?”
Lo stesso commento,
pronunciato da un’altra persona, lo avrebbe indotto a fare qualcosa di
irreparabile. A lei, Robert rivolse un sorriso ironico. “Ti capiterà un bel
giorno di mettere su famiglia: allora me le farò io quattro risate.”
Era
un rapporto curioso quello che univa i due Giustizieri. Entrambi erano attratti
l’uno dall’altra, ma per ora non trovavano il coraggio di andare oltre un
blando corteggiamento fatto di punzecchiature…ma era anche vero che entrambi
avevano troppa paura di impegnarsi seriamente: con il ‘lavoro’ che facevano, le
probabilità che finisse tutto a puttane era troppo elevata per non tenerne
conto…
“Posto
del cavolo!” disse Joystick, lieta che l’armatura avesse almeno delle
resistenze termiche interne. “Fa un freddo assassino, e siamo solo in
primavera. Non oso chiedermi come sarà d’inverno!”
“Molto
più freddo: la temperatura scende fin sotto i venti Celsius sottozero,
mediamente.”
“Non
ricordarmelo, ti prego. Almeno, Angela ha ragione: non dovremo preoccuparci dei
supercriminali, qui. Morirebbero tutti di freddo, prima!”
“Almeno
non dovremo preoccuparci di annoiarci fra una missione e l’altra: c’è un
negozio di riparazioni che ha bisogno di apprendisti. E tu potresti darti da
fare nel campo della pubblicità: questo posto è praticamente terreno vergine,
per una ragazza della grande città.”
Joystick
scosse la testa. “Ammetto che sarebbe una bella sfida…” e, soprattutto, non
aveva scelta. L’alternativa era davvero girarsi i pollici.
Posto
del cavolo!
“Credevo che ti avrebbe dato
fastidio girare in pubblico con me agghindato.”
Camminavano per la strada,
tenendosi a braccetto, una singolare coppia composta da una giovane donna di
colore…e un uomo in una sofisticata armatura grigia e bianca.
“Stai scherzando?” fece Glenda
Jacobs, avvolta da un pesante completo. “Potrei indossare solo qualche
straccetto ed essere ancora l’invidia della città! E poi, quante possono
vantarsi di avere uno scaldino ambulante per marito? Hmm, sì, non smettere…”
quasi fece le fusa, mentre altro calore veniva irradiato dall’armatura a
tecnologia Eidolon.
Sotto l’elmo, Parnell Jacobs
ringraziò mentalmente Angela Cleaver, per avere costruito una nuova identità
per entrambi. Glenda, pardon, Linda
Levison, con una diversa acconciatura e altri accorgimenti di cosmesi
genetica, era una persona diversa, così come la madre di lui non l’avrebbe
riconosciuto. E ad entrambi andava benissimo: per quanto la formula del
matrimonio valesse per entrambi, non aveva senso esporsi alle conseguenze del
turbolento passato di lui. Un passato che Parnell/Thomas
Levison era il primo a rinnegare, adesso.
Se ci fosse stato da pagare un
conto, Warwear avrebbe affrontato la
cosa senza tirare in mezzo degli innocenti.
La coppia arrivò presso una
casa color crema. La gente intorno a loro era divisa fra chi non avrebbe più
staccato gli occhi di dosso dal Giustiziere e chi si faceva prudentemente
indietro. Un cartello indicava fieramente che l’edificio ospitava la Pennam Best Courier, pregiata compagnia
di spedizioni. Nome era un porto importante, ma erano gli aerei a farla da
padroni: un buon corriere valeva tanto oro quanto pesava, e c’erano solo altre
due compagnie di spedizioni in città, tutte a conduzione familiare.
La coppia entrò. Il legno
scricchiolò preoccupantemente sotto il peso dell’armatura. “Il signor Pennam?”
chiese l’eroe, togliendosi l’elmo, rivelando un uomo dai capelli lisci e
morbidi e il volto morbido, lontano anni luce da quello che fu di un certo
Berretto Verde…
“Eccomi,” una robusta figura
in una tuta blu, intenta ad ordinare la corrispondenza in un casellario a muro,
si voltò. Era un orso d’uomo, con un faccione bonario e gli occhi altrettanto
allegri. “Cosa posso fare per… Per la miseria!” quasi gli venne un colpo.
“Figliolo, se devi spedire quella roba lì, ti costerà una fortuna e salverai un
poveruomo dalla rovina.”
Thomas si avvicinò al bancone.
Posò l’elmo sul legno. “Mi dispiace, ma non devo spedire la mia armatura. Sono
qui per quel posto di pilota Ho letto l’annuncio sul vostro sito che cercate
personale…”
Saymor Pennam squadrò lo
straniero dalla testa ai piedi. “Uniforme buffa per pilotare un aereo.”
“So che il lavoro è part-time,
così pensavo di offrirmi fra una missione e l’altra del mio lavoro per la
Justice Inc…”
“Ah, i super della grande
città. Vi piace mescolarvi a noi poveri mortali, eh? Giovanotto, lascia che ti
chieda una cosa: sai pilotare? A me serve uno che vola per davvero, non uno che
fa il fenomeno.”
Thomas annuì. “Ho pilotato dei
velivoli in guerra, e ho esperienza con un Quinjet Mark V...”
“E io ho un paio di Cessna a
due motori. E tu servirai solo durante autunno e inverno, quando i trasporti
eccezionali diventeranno la norma, qui. Per quanto riguarda la paga…”
“Lo faccio volentieri gratis.
In fondo, come Giustiziere guadagno più che abbastanza… Anzi, non mi
dispiacerebbe contribuire a rimettere un po’ a nuovo qualcosa, qui,” aggiunse
Thomas, guardandosi intorno.
Pennam
esibì lo stesso, identico sorriso che J.Jonah Jameson tirava fuori di fronte a
un simile annuncio. Era un’espressione inquietante. “Figliolo, ti darei mia
figlia in sposa, se non fosse già sposata! Benvenuto a bordo!”
“Un’altra.”
Il Polaris Bar & Liquor,
durante la sua lunga carriera di punto di ristoro per la più onorata categoria
professionale e sportiva delle comunità dell’estemo nord, ne aveva visti di
ospiti bizzarri, dai cercatori d’oro spinti da magnifiche ossessioni agli
sportivi in caccia della sfida definitiva.
Decisamente, non era ancora
capitato di avere fra gli ospiti un uomo-tigre in armatura leggera ed un
uomo-lupo in giubbotto e pantaloni imbottiti. Facile immaginare il perché del
curioso mutismo della clientela regolare.
“Dovranno inventarsi una nuova
catalogazione per il tuo diabete, di questo ritmo,” disse Sabre. PR o no, non
sarebbe andato in giro nudo in una cittadina dove decisamente si è subito sulla
bocca di tutti.
Dall’altra parte del tavolo, Man-Eater finì di trangugiare l’ennesima
tazza di cioccolato bollente superzuccherato. “Non infierire, Jack: questo è
tempo da lupi, per te. Io ho il metabolismo di una tigre indiana, non
siberiana. Mi piacciono i posti caldi e umidi…ma quanto ci mettono con il
cibo?”
Jack Russell fece spallucce.
“Immagino che ci vorrà il suo tempo per preparare la quantità che hai chiesto.”
“Ehi, allora non dicevano
balle! Wow!”
Due teste animali si voltarono
all’indirizzo della nuova voce.
Due ragazzi avevano
attraversato l’argine della folla. Un maschio e una femmina, di circa diciotto
anni, avevano due occhini sgranati ed ammirati. “Voi siete Man-Eeater e Sabre!”
fece il ragazzo. “Cavolo, quando lo sapranno i nostri amici nel gruppo, ci
resteranno secchi!”
“Possiamo sapere chi siete?”
chiese la tigre.
“Scusalo,” disse la ragazza,
una eskimo con un lieve accento nativo nella sua voce. “Io sono Chilaili, e lui
è Bruce. Siamo membri di un gruppo internet dedicato ai furries.”
“Capisco,” fece Jack. In
effetti, non ci aveva mai pensato veramente: stavano passando i tempi in cui la
pelliccia significava solo la parte peggiore di un essere umano. Per quante
persone ancora lo avrebbero guardato come un mostro, le nuove generazioni,
grazie anche ad Internet, crescevano con una mente sempre più aperta…
“Avete la Rete anche qui?”
fece Malcolm Murphy, sarcastico.
“ADSL e tutto il resto,”
rispose Bruce. “Perché, voi no?”
Chilaili guardò le panchine occupate dai due eroi con una
preghiera negli occhi. Quando loro annuirono, facendosi da parte, i ragazzi si
sedettero -Bruce con la tigre, Chilaili con il lupo. Ci furono delle
esclamazioni soffocate dal pubblico.
“Tranquilli, sono vaccinato,”
disse Sabre.
Arrivarono in quel momento le
cameriere. Tutte e quattro, portavano dei piatti maiuscoli traboccanti di carne
grigliata a puntino. Murphy fece praticamente le fusa.
I piatti furono deposti sul
tavolo. A Sabre fu servita una più modesta porzione di uova strapazzate con
salsicce e patate -sempre comunque abbastanza da stroncare un uomo di buon
appetito. Angela era stata tassativa con Russell: cercare di evitare ogni
atteggiamento che lo facesse sembrare un ‘lupo famelico’, fra le altre cose.
Perciò, mentre Man-Eater ci dava
dentro con le costolette alla classica maniera, il lupo usò educatamente le
posate.
“Posso farli una domanda?”
chiese Chilaili
“Spara.”
“Che ne direbbe di lavorare
per nostra madre? Dirige un’agenzia di escursioni, e le farebbe comodo avere un
esploratore come te.”
Ingerito un boccone e lappato
un sorso di birra dalla ciotola, Sabre disse, “Credo che i turisti si
sentirebbero a disagio.”
“Conoscendo mamma, si
sentirebbero più a disagio con lei, mi creda Mr. Sabre.”
Giù un boccone. “Puoi
chiamarmi Jack.”
“La mamma è un’ambientalista
di ferro, e il suo rispetto per il lupo è grande. Credo che la tribù la
porterebbe in trionfo se lei potesse anche solo parlarle, Jack.”
“Spero
di diventare altrettanto popolare,” disse Man-Eater, finendo l’ultima
costoletta del primo piatto. “Mi hanno offerto un impiego stagionale per
controllare i turisti in snocat che
violano le riserve naturali.”
“Un’altra…benissimo, fermo
così. Ora, voi due, mi raccomando, più sciolte, più naturali. E tu, attenzione,
o il PETA ci fa male… Fantastico!”
Il flash illuminò la figura di
Capitan Power, intento a sollevare un
tavolaccio su cui stava seduta un’intera muta di cani da slitta, con la slitta
e un paio di ragazze in bikini sorridenti, una seduta ed una sdraiata sulla
slitta.
“Bene, puoi rimetterla giù,
adesso,” disse il direttore della Northern
Lightmagic, Fotografia e Pubblicità. L’uomo azzimato si fregò le mani come
un banchiere allegro. “Ragazzo mio, con il tuo volto e queste foto, la Camera
di Commercio cadrà ai miei piedi. Vedrai che presenze, l’anno prossimo! Sto già
pensando a qualche immagine con te a premiare i prossimi vincitori
dell’Iditarod…”
Cap pensò che quel tipo
dovesse condividere qualche gene con Dollar Bill, il tesoriere e PR della JI.
“Sono felice di potere fare qualcosa che non sia combattere, Mr. Sirgund... Ma
preferirei di più essere di aiuto per i servizi sociali del paese. So che i
Vigili del Fuoco hanno sempre bisogno di volontari, e la Polizia…” fu
interrotto da una pacca sulla schiena ammantata.
“Splendido! Un po’ di
pubblicità alle forze al servizio della gente sono proprio quello che ci vuole per fare vedere che Nome è una città
efficiente e funzionante!”
Sì,
decisamente questo qui era un parente di Bill!
La filiale locale della Alaska Gold Company/Nova Gold era di
fatto la più importante istituzione di Nome. Dal suo lavoro veniva una buona
fetta della ricchezza locale ed il futuro della città.
Un’adeguata gestione degli
affari di tale azienda era vitale per la sua sopravvivenza di fronte
all’incedere delle multinazionali…
“Effettivamente, volendo
escludere i suoi trascorsi legali, Mr. Raxton, lei ha un più che discreto
curriculum come dirigente aziendale. E un po’ di nuova linfa non farebbe male
qui, soprattutto se si tratta di qualcuno che conosce certi meccanismi…”
Molten, l’uomo dalla pelle
dorata, rimase impassibile mentre osservava le alte sfere della compagnia
mentre decidevano sul suo futuro come consulente aziendale.
Una donna, l’unico membro
femminile del Consiglio, si schiarì la gola. “Con la sua esperienza e la sua
aggressività, crediamo che saprà tenere testa ad un mercato in forte crescita.
Naturalmente, sia chiaro che per un po’ lei non andrà oltre il grado di
consulente: con la sua attività di ‘supereroe’, non sarà certo reperibile come
si richiede ad un dipendente fisso.”
Mark Raxton annuì. “Me ne
rendo conto. Ma è anche vero che vorrei sfruttare la mia esperienza e la mia
conoscenza per contribuire positivamente allo sfruttamento minerario. Alle
Osborn ho appreso inoltre soluzioni che potranno essere di grande aiuto dal
punto di vista ambientale.”
“E
noi non vediamo l’ora di metterle in atto, se saranno così buone come lei
promette,” concluse il Presidente della compagnia, chiudendo il fascicolo di
Raxton. “Al lavoro, allora.”
Il Dipartimento di Polizia di
Nome rispecchiava la natura tranquilla della città. Un Capo della Polizia, due
Sergenti, quattro agenti e due addetti alle comunicazioni, e un ambiente
tranquillo e confortevole.
Shirley Gifford, il Capo ad
interim della Polizia, squadrò con professionale curiosità la nera figura in
piedi davanti alla sua scrivania. Era ammirata, da una parte: quel tizio
indossava solo un attillatissimo body nero, con una maschera che lasciava
spazio solo agli occhi gialli. In qualche modo, la mantellina grigia ed il
cappello pure grigio, non sembravano fuori posto. Anche le strisce metalliche
al torace, alle braccia ed alle cosce, non stavano male. Ed era in una forma
smagliante!
Quello che seccava l’ufficiale
era che il tizio era: a) un raccomandato, b) un raccomandato di cui non sapeva
un piffero e c) un raccomandato di cui non sapeva un piffero in maschera.
“Midnight Sun, hm? Be’, con un nome del genere sei proprio nel posto
giusto.
“Come tu ed i tuoi superamici
avrete capito, Sun (posso chiamarti Sun, vero?), questo è un posto tranquillo,
aperto ai forestieri…ma non siamo dei creduloni. A quelli in basso[ii] i
vostri bei costumi sgargianti possono piacere fino all’idolatria. Ma noi non
siamo schiavi dei media, preferiamo i fatti alle mostrine. È il bello di essere
gente semplice, non trovi?
“Il tuo capo, la Cleaver,
metterebbe la mano sul fuoco, per te, e i documenti sembrano in regola: fin
quando non peserai sul bilancio, posso tenerti in prova per qualche giro di
pattuglia. Ma se mi demolisci un solo
palazzo” qui puntò un indice minaccioso sotto il naso del silente guerriero “ti
faccio più nero del tuo spandex, chiaro cocchino?”
Naturalmente,
M’nai non profferì parola.
Nel suo recente passato,
Edward ‘Eddie’ Velikovski si era
infilato in guai davvero molto grossi, per non avere tenuto a freno la sua
linguaccia. E visto che comunque Angela avrebbe finito per scoprire quel suo
atto di tradimento, tanto valeva andarsene all’inferno con qualche macchia in
meno sulla coscienza.
Per questo, di fronte alla
‘proposta di lavoro’ che gli era appena stata fatta, Eddie rispose con un
sorriso educato da totano. “Vi ringrazio molto…insomma, credevo che ormai fossi
evitato come la peste.” Fece anche una risatina da totano.
Il Sindaco in persona, Denise
Michels, rispose con un’espressione solare. “Il Centro Ricreativo per gli
Anziani è un posto molto più…vivace di quanto le sospetti, Mr. Velikovski.
Francamente, qui non è come a New York: ai nostri anziani ci teniamo, e loro sono
il prodotto ben distillato di una vita dura. Vedrà che con loro non si
annoierà.”
In realtà, Eddie aveva già
voglia di spararsi nelle ginocchia. Le
macchie, pensa alle macchie! Ma, chissà: se la Cleaver avesse visto che lui
si impegnava, non gli avrebbe scatenato contro quel mannarone.
Forse,
poteva ancora uscirne bene, dopo tutto!
La nuova sede della Justice,
Incorporated era una moderna fortezza in legno e vetro, piccolo capolavoro di
ingegneria eretto in prossimità del porto sul Mare di Bering, nell’insenatura
naturale chiamata Luna Bay.
Tre piani. Il primo per gli
uffici e l’amministrazione. Il secondo per gli alloggi e il terzo per i
laboratori, la ricerca e la manutenzione. L’hangar, dopo non poche battaglie
burocratiche, era stato disposto presso il vecchio molo in disuso, a distanza
di sicurezza dalle attività portuali.
“Pace, quiete, e nessun pazzo
dinamitardo o con superpoteri pronto a minacciarci in vista… Potrei anche
affezionarmi a questo posto, Angie!” Dicendo ciò, Dollar Bill si concesse una
bella stiracchiatine, mentre osservava il Sole avvicinarsi alla linea del mare.
“Spero solo che i clienti non vengano scoraggiati dalla nostra attuale
locazione.”
“Per questo accettiamo solo
videoconferenze ed e-mail,” disse Letitia Frost, tattica e logistica, dalla sua
hoverchair. “Abbiamo bisogno di filtrare al meglio i nostri clienti, non
possiamo essere inondati da richieste del tipo ‘gattino sull’albero’ a
‘liberazione politica’. New York ha abbastanza mezzi e super eroi di suo, per
gestirsi. Senza contare che da qui, possiamo tenere meglio sottocchio un
mercato potenzialmente molto fruttifero.” Anche lei guardò verso il mare, ma
vedeva ben oltre il tramonto. “Il continente asiatico è a un tiro di schioppo
da qui. Dalla Federazione Russa, ai nuovi paesi dell’est appena entrati nella
UE alle potenze asiatiche emergenti…” Letitia sorrise. “Signori, faremo
faville.”